lunedì 12 luglio 2010

III.4.2. Giudea (515 – 450)

Poco sappiamo della storia di Giuda nei 65 anni successivi alla ricostruzione del tempio, ma la situazione non dev’essere delle migliori. La ricostituzione della monarchia appare un’evenienza impraticabile, soprattutto per l’opposizione dei persiani, ma anche per quella dei sacerdoti, così che il paese rimane privo di un’autorità politica formale e di rilevanza internazionale, e per di più dilaniato dalle tensioni sociali, che non tendono a placarsi. Molta gente, ormai profondamente delusa del corso della storia, si va convincendo che non c’è alcun vantaggio nella fede in Jahve (Ml 2,17; 3,13-15) e probabilmente abbandona quella religione e si lascia integrare da altre culture, com’è dimostrato dalla diffusione dei matrimoni misti.
È il periodo in cui predicano i profeti Gioele e Malachia. Il primo pronuncia parole di speranza atte a tenere su il morale della gente e la loro fede nella Promessa. Il Signore, assicura il profeta, sta per arrivare (Gl 2,1), insedierà il suo trono sul monte Sion (Gl 4,17-21), giudicherà le nazioni che hanno arrecato afflizioni ad Israele (Gl 4,2) e riporterà la Giudea al suo primitivo splendore (Gl 4,18). Malachia afferma all’incirca le stesse cose: dice che il giorno del Signore è vicino e sarà un giorno di fuoco per i nemici di Israele (Ml 3,19), mentre per il popolo eletto sarà un giorno radioso (Ml 3,20). “Calpesterete i malvagi ridotti in cenere sotto le piante dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice il Signore degli eserciti” (Ml 3,21).
Al di là delle parole rassicuranti dei profeti, è un momento assai difficile per il popolo di Giuda, che senza monarchia rischia di scomparire. Ma questo pericolo viene, almeno per il momento, scongiurato grazie alla presenza del tempio e, soprattutto, grazie a quella Legge (o Torah), che era stata trovata nel tempio sotto il regno di Giosia e che ora prende il posto del re. Ma la situazione sociale rimane fluida e incerta, anche perché, certi sommi sacerdoti, soprattutto quelli che hanno assunto la propria carica per eredità, hanno una conoscenza inadeguata di quella Legge, che essi dovrebbero fare rispettare. In realtà, proprio per evitare il rischio di dover affidare il potere a dinasti incapaci, si vanno affermando le figure dei dottori della Legge, o scribi, ma ciò richiede tempo prima di far sentire i suoi effetti.

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