martedì 13 luglio 2010

I.1. Sapere e conoscenza: dall’alto o dal basso?

Sin da piccoli siamo stati educati a vedere la nostra società come un sistema duale, in cui ogni persona è nettamente distinta da ogni altra sulla base dei suoi ruoli riconosciuti. Applicata nei campi del sapere e della conoscenza, questa regola colloca le persone in due distinte categorie: da un lato i professionisti, gli esperti, i cattedratici, i maestri, ovvero coloro che possiedono ed esibiscono titoli attestanti un livello di conoscenza in un ramo del sapere sensibilmente superiore rispetto a qualsiasi altra persona sprovvista di quei titoli; dall’altro lato i cittadini comuni, ovvero qualsiasi persona deprivata di ogni etichetta. Da questa definizione consegue che, se il Signor Mario Rossi si presenta come «biologo», ne ricaviamo che egli è un esperto in biologia, ma se lo stesso si presenta semplicemente come Signor Mario Rossi, ne discende che egli è, o vuole che noi lo consideriamo, come un cittadino comune. In pratica, un esperto che non esibisca i suoi titoli e sia disposto a confrontarsi con altri su un piano di parità si comporta e diventa a tutti gli effetti un cittadino comune.
Ebbene, nella nostra società duale gli esperti sono legittimati a impartire lezioni, tenere conferenze, organizzare corsi di studio e rendere pubblico il proprio pensiero con tutti i mezzi possibili, che vanno dalle riviste ai giornali, dai libri alla tv, dai congressi al web. Dai cittadini comuni, invece, ci aspettiamo che partecipino, ascoltino, prendano appunti, memorizzino e ripetano. I primi sono preposti all’insegnamento, i secondi devono limitarsi ad apprendere. Questa regola, che ha poche eccezioni, separa con un taglio netto i detentori del sapere da tutti gli altri e stabilisce che la trasmissione delle conoscenze debba avvenire dall’alto in basso. Tale è il cliché che ciascuno di noi ha dovuto interiorizzare nell’infanzia e che è largamente dominante nella nostra cultura contemporanea.
Ora, immaginiamo che un cittadino comune, dotato di intelligenza e cultura medie, si senta pervaso dalla voglia di comprendere autonomamente le basi del proprio sistema sociale. Secondo il pregiudizio prevalente, questa impresa dovrebbe risultare pressoché impossibile e il nostro cittadino dovrebbe mutuare quella conoscenza da un qualche esperto riconosciuto. Io credo invece che anche i cittadini comuni costituiscano una potenziale fonte di sapere e di conoscenza, non meno importante di quella rappresentata dagli esperti, per le ragioni che vado a spiegare.
Inizio la mia argomentazione con due verità assiomatiche. Il primo assioma è che, essendo lo scibile umano sostanzialmente illimitato ed essendo invece il cervello dell’uomo limitato, nessuno può essere esperto in tutto. Al contrario, quanto più ci si addentri nei meandri di un tema, tanto più si rischia di perdere la cognizione del tutto. Ne discende che il sapere dell’esperto potrà risultare indispensabile in tutti i casi in cui ci servano conoscenze puntiformi, ma sarà di scarsa utilità quando affrontiamo temi molto ampi, come lo è quello che stiamo qui prendendo in considerazione. Il secondo assioma è che, essendo l’uomo sprovvisto di conoscenze innate, tutto il suo sapere dovrà necessariamente provenire dall’apprendimento, che potrà essere conseguito attraverso esperienze dirette e/o l’imitazione e/o lo studio del pensiero di altri.
Ritornando al caso del cittadino comune, che abbiamo supposto essersi sentito pervaso dalla voglia di acquisire conoscenze sulle basi del proprio sistema sociale. Egli potrà attingere alle opere degli esperti in quel campo, da cui potrà ricavare elementi che, in aggiunta al proprio intuito, alla propria sensibilità personale e al confronto coi suoi pari, gli consentirà di farsi una propria idea, ovvero di elaborare una propria opinione personale autonoma informata (da qui in avanti semplicemente «opinione»).
L’opinione è una forma particolare di conoscenza che risponde a certe caratteristiche: non può essere data una volta per tutte, né può essere imposta come vincolante per tutti, ma è invece una verità soggettiva che potrà essere cambiata in ogni momento dallo stesso soggetto che l’abbia formulata o da chiunque altro; si muove in direzione orizzontale e pone i soggetti che la dibattono in condizioni di parità; non può essere proposta o imposta come se fosse una verità assoluta. Essendo fallibili per definizione, tutte le opinioni sono ugualmente degne di rispetto, anche se ciò non significa che sono indifferenti: un’opinione potrà essere giudicata migliore o peggiore di un’altra a seconda che venga ritenuta più o meno ben supportata, più o meno ben articolata, più o meno convincente. Così concepita, l’opinione non si presta ad un uso cattedratico, ma risulta invece particolarmente adatta a spingere le persone che condividano gli stessi interessi speculativi verso un libero confronto fra loro.
Ebbene, io credo che le opinioni prodotte in modo concertato da più persone e condivise, pur rimanendo opinioni, abbiano un valore non inferiore e meritino lo stesso rispetto che siamo soliti riservare alla conoscenza prodotta da esperti. Si tratta inoltre, a mio avviso, di due forme di conoscenza che si muovono su livelli diversi e possono proficuamente integrarsi.

1 commento:

  1. "Orgoglioso" di essere il 1° iscritto (seguace, follower..). A dire il vero, avevo messo nome e cognome ma, non so per quale motivo, il "sistema" ha preso un pezzo del mio indirizzo email e lo ha fatto diventare un nick-name (!).
    Poco male. Anzi: forse è meglio così.
    L'INIZIATIVA MI PARE LODEVOLE; LE PAROLE IN PREMESSA SONO INTERESSANTI: basta al monopolio dei cosiddetti "esperti" (somministratori di insegnamenti), in contrapposizione agli eterni "dilettanti generalisti", condannati alla fruizione coatta e all'ascolto bovino dell'altrui cultura.
    GRAZIE PER L'INTENZIONE!

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