martedì 13 luglio 2010

III.2.7. La «divisione» del regno

Quando Salomone muore e gli succede il figlio Roboamo, le tribù del nord, che ormai si sentono estranee alla casa di Davide, si staccano e proclamano loro re Geroboamo, un ex funzionario di Salomone. Così, dove prima c’era un solo regno, adesso ce ne sono due: a sud c’è il regno di Giuda, una regione montuosa, arida, difficile da coltivare e povera di risorse, che ospita una sola grande tribù, quella di Giuda, oltre a quella, piccolissima, di Beniamino, con ca¬pitale Gerusalemme; a nord c’è il regno di Israele, una regione più prospera e popolosa, affacciata sul mare e abitata dalle altre dieci tribù. Il regno di Israele, pur essendo più forte e più ricco, sarà costantemente dilaniato da lotte civili e da numerosi cambiamenti di dinastia, e ciò costituirà un terreno favorevole allo sviluppo del profetismo. Giuda, invece, pur essendo più debole, si rivelerà più stabile, anche perché rimarrà fedele alla dinastia davidica.
Da subito i due regni entrano in lotta fra loro e cercano di dominarsi l’un l’altro. Israele, essendo più forte, ritiene di potere facilmente sottomettere il re di Giuda, il quale, però, da parte sua, proprio in virtù della sua ascendenza, ritiene di avere il diritto di regnare anche su Israele, nel quale vede un fratello perduto da riconquistare. Insomma, “Fra Giuda e Israele non vi è concordia. Molti sono i conflitti in cui scorre sangue fraterno. Sempre di nuovo divampa la lotta per il confine” (Keller 1986: 44-5).
In entrambi i regni non mancano quanti ricordano con nostalgia i tempi dei patriarchi, allorché regnava l’uguaglianza e la giustizia e Dio parlava direttamente agli uomini. Costoro rimpiangono che, ai tempi del nomadismo, non vi erano ricchi e poveri e nemmeno accumulazione di ricchezze e tutti erano legati da rapporti fraterni e si ritenevano figli dello stesso dio Essi perciò tendono a giudicare con occhio ipercritico la stratificazione sociale introdotta dalla monarchia. Se Jahve è il re degli ebrei, essi dicono, la diseguaglianza sociale non è giustificata, ma è solo una nefanda conseguenza della monarchia. Insomma, per i filo-teocratici, che sono ben rappresentati dai profeti, la figura del re umano è superflua dal momento che gli ebrei un re lo hanno già, ed è lo stesso Jahve. La monarchia si presta ad essere posta sotto accusa soprattutto quando le cose non vanno bene. Le ingiustizie e le discriminazioni sociali, le sciagure naturali, le malattie, le sconfitte militari, diranno i profeti, non sono eventi ineluttabili, bensì conseguenza di colpe umane. In latri termini, le sofferenze degli ebrei non sono altro che punizioni inferte da Dio a causa dei loro peccati, il più grave dei quali è individuato nell’arroganza, nella presunzione, cioè, da parte dell’uomo, di ergersi a protagonista della propria storia.

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