martedì 13 luglio 2010

II.10. I Neobabilonesi o Caldei

Mentre la potenza assira splende, Babilonia (detta anche Caldea, perché la maggioranza della sua popolazione è costituita da tribù caldee, di stirpe semita) è resa debole dalle contrastanti ambizioni dei capi locali, che sono in perenne conflitto fra loro e incapaci di unirsi in un’unica compagine politica. Nonostante i ripetuti tentativi di unificazione, tale situazione perdura per oltre due secoli e durante questo periodo Babilonia rimane sotto il controllo assiro.

II.10.1. Storia
Quello che non era riuscito in precedenza a tanti illustri personaggi indigeni, diventa possibile ad uno straniero, un non-caldeo, un uomo di umili origini, un «figlio di nessuno», un «usurpatore», di nome Nabopalassar (626-605), il quale, approfittando del fatto che l’Assiria è già entrata nella sua fase di declino, riesce ad unificare Babilonia in un unico regno e a farne la nuova grande potenza dell’area mesopotamica. Naturalmente, com’è ormai costume consolidato, una volta conquistato il potere, Nabopalassar si premura a legittimarlo mettendolo sotto l’egida del dio Marduk, l’aspirante erede di Assur. È stato il dio – si va dicendo – ¬a determinare il corso degli eventi e il nuovo sovrano può regnare in Babilonia “in quanto scelto da Marduk” (Pettinato 1994b: 165).
Grazie alla sua ritrovata unità, oltre che all’abilità di Nabopalassar, Babilonia riesce a sconfiggere l’Assiria e si impone come la nuova potenza egemone, mentre Marduk prende il posto di Assur e diviene il nuovo dio più potente della Fertile Mezzaluna (enoteismo). Babilonia raggiunge l’apice del suo splendore sotto il regno di Nabucodonosor (605-562), “uno dei sovrani più eccelsi di tutta l’antichità” (Pettinato 1994b: 18), “un sovrano illuminato, mite ed accorto, ben diverso da come ci è stato presentato finora” (Pettinato 1994b: 17). A lui spetta “indubbiamente il merito di aver fatto del piccolo regno di Babilonia un impero ancor più grande di quello realizzato dagli Assiri” (Pettinato 1994b: 139). Egli non solo ristabilisce l’ordine sociale e il diritto, ma abbellisce anche la città fino a farne “una metropoli spettacolare, ricca di palazzi, templi, case private e monumenti artistici pregevoli” (Pettinato 1994b: 99). Dopo Nabucodonosor, Babilonia rimane un importante centro culturale, ma non si espande più.
Incapace di resistere alle armate di Ciro il Grande, Nabonedo (555-39), ultimo re di Babilonia, si arrende e consegna la città al conquistatore persiano, che introdurrà nel paese l’uso della moneta. Nonostante la caduta, Babilonia continuerà ad essere ricordata come la patria di eccellenti astronomi e matematici e conserverà, per diversi secoli, “il ruolo di centro culturale notevolissimo di tutta la Fertile Mezzaluna” (Pettinato 1994b: 242), e quando Alessandro entrerà trionfalmente nella città (331), ne rimarrà ancora così affascinato “da volerne fare la capitale del suo nuovo impero” (Pettinato 1994b: 247). Sarà solo nel primo secolo d.C. che Babilonia, ormai ridotta ad un cumulo di rovine, potrà dirsi definitivamente decaduta.

II.10.2. Società
Babilonia è una società di agricoltori e di allevatori “con una spiccata tendenza a edificare grandi centri urbani” (Jursa 2007: 42). Si coltiva principalmente orzo, sesamo e palme da dattero, che si avvalgono di un’agricoltura irrigua basata su un sistema complesso di canali. Si allevano prevalentemente bovini e ovini. I buoi sono usati per il tiro dell’aratro e rappresentano un lusso che poche famiglie possono permettersi. Il principale animale da soma è l’asino, mentre scarsamente diffuso è il cavallo. Discretamente sviluppato è l’artigianato, specie nel settore tessile e metallurgico. Tra i beni prodotti spiccano la birra e l’olio di sesamo. I contadini lavorano per la mera sussistenza, e così pure i pastori e gli artigiani.
Le città sono fortificate e ospitano il tempio, al cui interno è custodita la statua del dio tutelare, e il palazzo del re. Entrambi, templi e palazzo, possiedono vasti terreni e numerosi greggi, che in parte sono affittati e curati da terzi. Il surplus è impiegato per le attività commerciali, che sono in gran parte legate all’economia del tempio e del palazzo. Tra le risorse importati spiccano soprattutto il legname e i metalli. Di buon livello per l’epoca è lo sviluppo della scienza, che però è intrisa di magia. La produzione letteraria spazia dal genere poetico a quello prosaico, dal genere celebrativo a quello religioso, dalla narrativa all’epica. Particolarmente evoluta è l’arte divinatoria. La schiavitù esiste, ma non ai livelli che raggiungerà nell’Atene classica o nella tarda repubblica romana.
La politica estera babilonese è improntata all’insegna del cosmopolitismo e dell’integrazione. “All’ideologia imperiale dell’unificazione per soppressione del diverso, essa contrappone inconsciamente l’ideologia dell’unificazione per accoglimento del diverso” (Liverani 1988: 899-900). A differenza degli assiri che hanno costruito il loro impero sulla cancellazione degli «altri», i babilonesi consentono l’inserimento e l’integrazione nella propria cultura di gruppi e di culture diverse, anche di popoli conquistati, giungendo a realizzare una straordinaria sintesi culturale ed un elevato livello di civiltà. In futuro a Babilonia verrà riconosciuto il grande merito di aver conservato e tramandato la gloriosa civiltà dei Sumeri.

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