lunedì 12 luglio 2010

III.3.6. Crisi dell’enoteismo

Sono due, alla fine, gli elementi maggiormente connotativi dell’ebraismo: la Promessa e il Monoteismo. Essi sono inscindibili, ma hanno due storie diverse e non nascono insieme. Ebbene, di sicuro, la Promessa viene prima, perché senza di essa risulterebbe difficile spiegare la storia degli ebrei da Mosè a Saul. In questo periodo, il politeismo è ancora la religione più diffusa, anche presso le tribù ebraiche, ma si va affermando l’enoteismo (che, è bene ricordarlo, è pur sempre una forma di politeismo), il quale rivela adeguato a sostenere la volontà di potenza degli ebrei, che stanno passando dalla condizione tribale alla monarchia. Il monoteismo esiste, se esiste, solo nella testa di pochi. Il principio su cui si basa l’enoteismo stabilisce che la nazione assistita dal dio più potente è destinata a trionfare sulle altre. Ebbene, questo principio domina la scena per tutto il periodo della monarchia e basterà a garantire la fede nella Promessa.
Dopo la caduta della monarchia, l’enoteismo entra in crisi, perché non appare più in grado di spiegare eventi così dirompenti e di così vasta portata, quali sono la caduta del tempio e la sottomissione degli ebrei ai loro nemici babilonesi. Nel passato i profeti avevano affermato che la Promessa era garantita dal fatto che Jahve era il più potente fra tutti gli dèi. Ora, alla luce degli ultimi eventi storici, quella fede presenta qualche crepa. Come si spiega, infatti, che il più potente fra tutti gli dèi lasci che il suo popolo venga calpestato dai propri nemici? I profeti di questo periodo, che rispondono ai nomi di Geremia (620-580), Ezechiele (595-70) e Secondo-Isaia (590-50), rispondono affermando che Jahve non è un semplice dio nazionale, come lo si è voluto descrivere nel passato, ma il dio-unico, il quale controlla tutto e persegue i suoi disegni in un modo che è imperscrutabile agli uomini. Rispetto al dio-più-potente, il dio-unico, invece, ha una visione molto più panoramica della realtà e osserva le cose da una distanza inimmaginabile per l’uomo. Il Secondo-Isaia giunge a proclamare la piena signoria sulla storia e il pieno controllo degli eventi da parte di Jahve, ossia un monoteismo intransigente, (Is 44,24-28; 45,22-23; 46,9). Ebbene, secondo i profeti, Jahve, che da ora in poi si dovrà chiamare semplicemente Dio, si sta servendo dei babilonesi, come un suo docile strumento, per punire giustamente gli ebrei a causa delle loro colpe (Ger 11,10; Ez 20,13).

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