lunedì 12 luglio 2010

D) I destinatari della Promessa

È inutile dire che l’unico popolo ad avere valore per Dio è Israele. È vero, nella Bibbia si fa menzione di casi in cui Dio si serve di non-ebrei per qualche scopo (per es., Is 10,5-6; 48,14), ma l’impressione che si ricava è che essi siano solo strumenti, non fini. Semmai dovessero esserci dei dubbi sui destinatari della promessa, essi non riguardano i popoli stranieri, ma rimangono interni al popolo ebraico e si riferiscono al fatto che la Promessa potrebbe riguardare tutti gli ebrei o soltanto una parte di essi, solo gli ebrei viventi o anche gli ebrei defunti. Questo elemento di dubbio prende corpo dopo la caduta della monarchia (587), quando i maggiorenti di Giuda vengono deportati in Babilonia. Adesso il popolo ebraico può essere suddiviso in due differenti gruppi: quelli che sono rimasti a Gerusalemme, e quelli che si trovano a Babilonia o in altre parti del mondo. Ebbene, ciascuno di queste due parti ritiene di essere il «Resto» , ossia la parte migliore di tutto il popolo ebraico. I più infervorati sembrano gli esuli, i quali tendono a vedere se stessi come degli innocenti su cui Dio ha voluto addossare le sofferenze dei peccati di tutti e, proprio per questo, come i soli destinatari della Promessa. Ezechiele li indica come i referenti di una promessa inequivocabile: “Voi sarete il mio popolo, io sarò il vostro Dio” (Ez 11,20). Ovviamente, gli ebrei di Gerusalemme non concordano e dicono degli esuli: “Essi sono ormai lontani dal Signore, mentre a noi egli ha dato il possesso della terra” (Ez 11,15). Un altro elemento dubbio è se identificare i destinatari della promessa nei soli ebrei viventi o anche negli ebrei defunti, che nell’occasione potrebbero uscire dalle loro tombe (Is 26,19). Al di là di questi elementi di dubbio, quello che appare certo è che la Promessa attiene esclusivamente agli ebrei, in quanto popolo eletto.

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