martedì 13 luglio 2010

II.8. La Terra di Canaan

La Terra di Canaan è quell’area compresa tra la Siria, la penisola del Sinai, il mar Mediterraneo e il deserto arabico. È una delle prime regioni abitate dall’uomo. Nel lontano passato, infatti, vi hanno coabitato homini sapiens e neandertalensis. Tuttavia, dopo un avvio brillante, che vede sorgere, tra l’ottavo e il settimo millennio, città come Gerico, la regione decade lentamente fino a ridursi, durante l’Età dei Metalli, in condizioni di pesante ritardo rispetto non solo a quei mostri sacri che sono l’Egitto e la Mesopotamia, ma anche alla Siria e all’Anatolia. In pratica essa è solo un luogo di transito di carovane, che si muovono dall’Egitto agli altri grandi Stati della Fertile Mezzaluna e viceversa. Sembra la terra di nessuno. Ancora agli inizi del II millennio a.C., la Terra di Canaan è scarsamente popolata. Da questo momento però si registra una progressiva crescita demografica, che pone la popolazione residente, che è composta da gruppi clanici e tribali di origine amorrea (noti anche come cananei), in parte nomadi e in parte sedentari, sempre a più diretto contatto.
Le popolazioni nomadi si devono adattare nell’entroterra arido e montagnoso, dove conducono un’esistenza precaria, spesso costrette a ricorrere agli atti più efferati per poter sbarcare il lunario, come furti perpetrati all’interno della propria tribù, rapine e aggressioni a danno delle carovane dei mercanti e perfino incursioni e assalti alle città. Con l’aumentare della popolazione le risorse scarseggiano e Canaan diventa una terra irrequieta. Spinte dalla fame, infatti, le tribù manifestano una crescente aggressività, che si traduce non solo in un incremento delle azioni di razzia, ma anche nella ricerca di nuovi territori dove insediarsi. Alla fine, solo le tribù capaci di compattarsi sotto la guida di un condottiero o di un re riescono ad accaparrarsi le aree migliori dell’entroterra, cacciandone la popolazione indigena, e diventano degli importanti centri di potere autonomo, in grado di competere con le città. Talvolta, alcuni clan guardano all’Egitto come unica ancora di salvezza, ed è proprio in questa terra che si reca Giacobbe, con la propria famiglia, trovandovi lavoro e di che sfamarsi (cf. cap. III.1.7.).
Le città cananee sono situate nelle aree più ricche di risorse, generalmente lungo la costa oppure in prossimità delle poche aree pianeggianti e provviste di fonti idriche, che risultano particolarmente adatte all’agricoltura e all’allevamento, ma anche all’artigianato e al commercio. Piccola, fortificata da una cinta di mura fatta di enormi blocchi di pietra sovrapposti e presidiata da guardie armate, in pratica, una rocca difensiva, che serve da rifugio per il signore, le famiglie patrizie, i delegati del faraone e alcuni ricchi mercanti: tale è la tipica città cananea. Di norma, essa non supera i 3-4 mila abitanti ed è governata da un vassallo del faraone. La modesta dimensione delle città cananee contrasta con la grandezza e l’imponenza delle città mesopotamiche ed egizie.
I contadini che, per un motivo o per l’altro, non hanno di che mangiare possono ricorrere ad un prestito di grano e in cambio impegnano la propria terra, se ne hanno una, oppure la moglie, i figli e la propria stessa persona. In teoria la schiavitù per debiti è temporanea e cessa con l’assolvimento del debito, ma spesso finisce per diventare permanente. Per tale ragione, molti soggetti indebitati, da soli o con la famiglia, si danno alla macchia e, ove possibile, chiedono asilo ad uno Stato vicino, ma, a mano a mano che si vanno diffondendo trattati internazionali in cui i singoli Stati si impegnano a consegnarsi reciprocamente i fuggiaschi, l’unico modo per sottrarsi alla schiavitù è quello di rifugiarsi in luoghi remoti, montagnosi o semidesertici, dove è difficile essere scovati. Qui i «fuorusciti», così si chiamano, possono “organizzarsi e saldarsi in qualche misura coi clan pastorali” (Liverani 2003: 31) e vivere, a loro volta, di pastorizia e di razzie (le loro incursioni sono molto temute dai contadini e dagli abitanti delle città), oppure possono decidere di arruolarsi al seguito di qualche condottiero di passaggio o ancora offrirsi per qualche lavoro di manovalanza dove ci sia richiesta.
Dopo aver subito l’influenza degli Hyksos (XVIII-XVI sec.), nel XV secolo Canaan diventa una provincia dell’Egitto, che, in verità, manifesta un interesse assai scarso per la regione, limitandosi ad esercitarvi un debole controllo e la riscossione dei tributi. Dopotutto quella terra non richiede una presenza militare massiccia, dal momento che le popolazioni residenti non brillano né per potenza, né per bellicosità e tendono a vivere in condizioni di relativa tranquillità. L’organizzazione sociale è di tipo feudale, con pochi signori latifondisti e grandi masse di diseredati, senza tutele e senza diritti. I signorotti indigeni hanno una propria milizia armata e godono di una notevole libertà di azione e di giurisdizione; talvolta entrano in lotta fra di loro, ma si tratta di scontri di modesta portata.
Il periodo che sta a cavallo tra XIII e XII secolo è caratterizzato dall’invasione dei Popoli del Mare e da profondi sconvolgimenti, che scardinano l’intero sistema politico del Vicino Oriente e mandano in crisi le città. Ma, se le città entrano in crisi, le tribù che finora si sono viste relegate nelle zone più aride, come i discendenti di Abramo, si vengono a trovare nelle condizioni psicologiche migliori per tentare una politica di conquista. “La crisi dei palazzi e delle città, e le nuove disponibilità tecniche per i territori semi-aridi, significano un accresciuto peso politico dell’elemento nomade” (Liverani 1988: 654). È proprio in questo periodo che gli ebrei si impongono all’attenzione dei contemporanei come una potenza emergente, tanto che il nome del loro popolo, Israele, compare per la prima volta in un documento egiziano redatto intorno al 1220 a.C..
La crisi del XIII-XII secolo alimenta ed è alimentata anche da profondi cambiamenti culturali, che fanno da spartiacque fra l’età del bronzo e l’età del ferro: si diffonde l’alfabeto, migliorano le tecniche di sfruttamento agro-pastorale, vengono introdotti su larga scala il cammello e il dromedario addomesticati, si afferma l’uso del cavallo montato, le città si ridimensionano mentre i villaggi si potenziano, migliorano anche le tecniche di navigazione e si assiste ad un incremento notevole degli scambi commerciali. “Si ha ben netta l’impressione che l’inizio dell’età del ferro abbia significato un ampliamento degli orizzonti e dei traffici in tutte le direzioni, che non ha precedenti rispetto alle pur vivaci reti protostoriche” (Liverani 1988: 654).
La situazione geopolitica della Fertile Mezzaluna prodotta dalla crisi del XIII-XII secolo può essere riassunta come segue: a Ovest l’Egitto si chiude in se stesso e cessa la sua influenza sull’area siro-palestinese a favore di un «popolo del mare», i filistei, che si insediano nella costa, dove fondano cinque città-stato indipendenti, ma normalmente alleate, rette monarchicamente, a Est esistono tre grossi regni (Elam, Assiria e Babilonia) tra di loro in rapporti variabili, ma ancora non al massimo della potenza; l’entroterra cananeo è occupato da popolazioni tribali e da popolazioni seminomadi, che non mostrano alcuna netta prevalenza l’una sull’altra e possono vivere in un clima di equilibrio e di relativa libertà e indipendenza, ma controllate dai filistei. Fra queste popolazioni dell’entroterra cananeo, oltre agli ebrei, di cui ci occuperemo nei prossimi capitoli, vanno ricordati gli ammoniti, gli edomiti, i madianiti, i moabiti e gli aramei.
Gli Ammoniti si organizzano in regno a est del Giordano. Il loro dio nazionale è Moloch. Sebbene imparentati con gli ebrei, sia sotto il profilo etnico che linguistico e culturale, gli ammoniti sono nemici tradizionali degli ebrei coi quali si trovano spesso in guerra, senza che nessuno dei due popoli prevalga in maniera definitiva sull’altro. Gli Edomiti occupano la regione compresa fra il Mar Morto e la città di Aqaba, sul mar Rosso. Sono anch’essi imparentati con gli ebrei e, nel medesimo tempo, nemici tradizionali degli stessi. I Madianiti sono un popolo seminomade, molto simile agli ebrei. Mosè soggiorna a lungo presso di loro. Successivamente madianiti ed ebrei divengono nemici. I Moabiti si costituiscono in regno nel XIII sec.. Contro di essi combattono gli ebrei nel periodo dei Giudici e di Saul. Sono assoggettati a tributo da David. Successivamente passano sotto il dominio degli assiri e poi dei babilonesi. Gli Aramei, il cui nome compare per la prima volta in documenti assiri dell’XI sec. a.C., vivono in parte allo stato nomade o seminomade, in parte in forma sedentaria e urbanizzata. I centri urbani (i principali sono Damasco e Aleppo) sono tipiche città-stato a regime monarchico. Contro alcune tribù aramee combattono i primi re d’Israele. Gli aramei non riescono a creare uno stato unitario, bensì una miriade di reami spesso in guerra tra di loro. Hanno il periodo di maggiore splendore fra l’XI e il X secolo. Conservano l’indipendenza fino all’VIII sec. a.C., dopo di che rimangono sempre soggetti a potenze straniere.

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