lunedì 12 luglio 2010

I1) Il rito

Le pratiche rituali sono ritenute importanti, ma non da tutti. Per alcuni, il rito svolge una funzione quasi magica, che consiste nell’attirare il bene e allontanare il male. L’autore del Levitico attribuisce al rito il potere di espiare i peccati del popolo (Lv 16,1-34), purché sia officiato da un sacerdote esente da difetti fisici (Lv 21,17-23). Anche in Ezechiele l’esercizio del rito occupa un posto di fondamentale importanza (Ez 40-48), ed è una delle condizioni in grado di inverare la Promessa. Secondo altri, invece, Dio non s’accontenta di un culto puramente esteriore, ma esige un radicale cambiamento di vita e opere concrete. “In realtà il Signore ha insegnato agli uomini quel che è bene, quel che esige da noi: praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio” (Mic 6,8). L’importanza del rito decresce dopo la definitiva distruzione del tempio fino ad un vero e proprio rigetto: “Fareste meglio a chiudere le porte del tempio: così non andreste più ad accendere inutilmente il fuoco sul mio altare. Non sono per niente soddisfatto di vedervi e non gradisco le vostre offerte” (Ml 1,10). C’è da credere che la critica alla concezione magica delle pratiche rituali provenga dagli spiriti più acuti, mentre le masse continuano a ricorrervi a piene mani.

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