martedì 13 luglio 2010

II.7. Ebla

Fondata agli inizi del III millennio nella Siria del nord, Ebla viene distrutta due volte (la prima ad opera degli accadi, intorno al 2250; la seconda ad opera degli amorrei intorno al 2000), ma risorge e rimane sede di un potente stato autonomo fino al 1600 circa, quando, sopraffatta dai re paleoittiti, si riduce a un piccolo, insignificante villaggio.
Pare che, almeno inizialmente (fino al 2500 circa), l’organizzazione sociale sia di tipo tribale. Ogni tribù ha il proprio capo e i propri personaggi influenti. Minacciati da nemici esterni e volendo evitare l’accentramento del potere nelle mani di una singola tribù, gli eblaiti optano per una monarchia collegiale ed eleggono un capo comune, che non è propriamente un re, quanto piuttosto un primus inter pares, il quale rimane in carica per sette anni. Qualche capo particolarmente abile riesce ad ampliare il raggio del proprio potere fino a che, per passi successivi, si giunge a realizzare una sorta di monarchia assoluta.
La particolarità della monarchia eblaita è che il re trae il proprio potere da altri uomini, e non da un dio. Ad Ebla “per la prima volta nelle civiltà della Fertile Mezzaluna si verifica che il potere politico è nettamente distinto da quello religioso. La sfera politica non si identifica e non si fonde con quella religiosa, ma ambedue coesistono indipendenti ed autonome, senza commistioni o simbiosi, sicché siamo autorizzati a considerare non solo la gestione del potere, ma anche la stessa cultura e civiltà di Ebla prettamente laiche” (Pettinato 1986: 330). Questo modello di governo laico sarà seguito e perfezionato da pressoché tutte le popolazioni della Siria: amorrei, fenici e cananei.
Il fatto di avere un governo laico non significa che gli eblaiti siano meno religiosi rispetto ad altre popolazioni coeve della Fertile Mezzaluna. Ciò che caratterizza la religione eblaita è una forte tendenza a riconoscere un dio nazionale superiore a tutti gli altri dèi (enoteismo), ma anche la capacità di esprimere un “concetto astratto di Dio” (Pettinato 1986: 106-7). Similmente agli ittiti, anche gli eblaiti tributano il culto non solo alle divinità indigene ma anche agli dèi stranieri.
Gli eblaiti si impongono principalmente come popolo di commercianti, costruttori, artisti e politici impareggiabili, ma anche come allevatori, agricoltori e artigiani, oltre che come “raffinati cultori delle scienze filologiche e letterarie” (Pettinato 1986: 106-7). Raggiungono alti livelli di perfezione nella glittica, o arte di lavorazione dei metalli e delle pietre preziose, e nell’arte tessile. Non eccellono come guerrieri, benché non siano degli inermi, ma preferiscono l’arte diplomatica, gli accordi internazionali, le alleanze pacifiche, ed entrano in guerra solo se non ravvisano altre soluzioni. Alla fine, Ebla si presenta come una città aperta al mondo e tollerante, il contrario di Egitto ed Assiria.

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