martedì 13 luglio 2010

III.2.9. Israele (922 – 732)

In Israele manca ogni struttura del potere politico: non c’è una corte, un apparato burocratico, un esercito regolare, un tempio. A queste carenze deve provvedere il nuovo re, Geroboamo I (922-10), il quale, tra l’altro, stabilisce la capitale a Tirza, fa erigere due santuari ai capi estremi del regno, a Betel e a Dan, che fa presiedere da sacerdoti discendenti da Aronne, e istituisce un culto ufficiale di Stato in grado di rivaleggiare con quello di Gerusalemme. Il punto debole di Geroboamo è la mancanza di una legittimazione forte e dalla necessità di doversi guadagnare l’appoggio dei sacerdoti e, anche se egli può avvalersi dell’appoggio del profeta Achia (1Re 11,37), rimane il problema che Jahve non gli ha promesso, come a Davide, un regno perenne, il che comporta il non riconoscimento del diritto di successione dinastica.
Così, quando alla sua morte cerca di subentrargli il figlio Nadab, questi viene assassinato da un generale, di nome Baasa (908-886), che, dopo avere sterminato l’intero casato di Geroboamo, assume il potere e si pone l’obiettivo di unificare il regno sotto la propria corona. Stipulato, dunque, un accordo col re di Damasco, Ben-Adad, in modo da assicurasi le spalle, Baasa si spinge nel territorio beniaminita, conquista e fortifica Rama, a soli otto km da Gerusalemme, e si prepara all’offensiva contro la città di Davide. Sentendosi in pericolo, Asa implora il re di Damasco perché rompa il trattato. Così avviene che Ben-Adad attacca Israele e Baasa deve abbandonare Rama. Dopo circa 40 anni di infruttuosi tentativi, ormai appare a tutti evidente che le speranze di unificare il regno sono vane.
A Baasa succede il figlio Ela, che viene ucciso da uno dei suoi ufficiali, Zimri, il quale però si viene a trovare in una condizione di debolezza, non potendo contare sull’appoggio né di profeti, né del popolo e, attaccato dal generale Omri, sentendosi perduto, si uccide.
L’avvento al potere di Omri (885-874) segna l’inizio di un periodo di sviluppo politico ed economico per Israele, che si protrarrà sotto i regni di Acab (874-55), Acazia (855-4) e Ioram (854-41), e durante il quale viene fondata, non lontano da Sichem, la nuova capitale, Samaria. Degni di nota, in questo periodo, sono il matrimonio di Acab con una principessa di Tiro, Gezabele, che introduce in Israele il culto di Baal, e l’attività dei profeti Elia ed Eliseo. Quest’ultimo solleva l’indignazione di una parte della popolazione contro la deriva idolatrica della dinastia di Omri, di cui approfitta il generale Ieu (841-15) per fare un colpo di Stato, farsi acclamare dal popolo e ungere da Eliseo (2Re 9,6). Ieu provvede poi a liberarsi di ogni suo possibile nemico. Ioram viene ucciso con una freccia, Gezabele gettata da una finestra, tutta la famiglia di Acab sterminata, insieme a tutti coloro che in qualche modo sono legati alla sua corte. È un bagno di sangue di incredibile brutalità, che segna l’inizio di una fortunata dinastia che regnerà in Israele, per oltre un secolo, con Ioacaz (815-2), Ioas (802-786), Geroboamo II (786-46), Zaccaria (746-5), Menahem (745-37), Faceia (737-6), Facea (736-2) e Osea (732-24).
Sotto le due dinastie di Omri e Ieu, Israele può godere di un lungo periodo di stabilità politica e di crescita economica e svolge un ruolo di “protagonista nel sistema di alleanze e di guerre della fascia siro-palestinese” (Liverani 2003:125). Eppure i profeti hanno di che allarmarsi. Amos, che profetizza sotto il regno di Geroboamo II, intorno al 760, rivolgendosi soprattutto ai nobili e ai ricchi, denuncia la decadenza morale del paese, le ingiustizie sociali, la corruzione, la cupidigia, la mancanza di fede profonda, la riduzione della religione a mero atto cultuale (Am 2,6-12; 4,1; 5,21; 6,4-6; 8,5-6) e annuncia l’inevitabile castigo divino (Am 9,5). Osea, che predica in un periodo (750-25) in cui la potenza assira è in ascesa e si fa minacciosa per gli ebrei, fa notare che gli israeiliti non hanno osservato il Patto e meritano di essere abbandonati da Javhe, come la moglie infedele merita di essere abbandonata dal marito (Os 2,4).

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